Immersione sul relitto del Pavlos

Un’immersione sul relitto del Pavlos. Una petroliera greca, partita dalla Germania alla volta di Milazzo, in Sicilia. A seguito di un incendio scoppiato in sala macchine, al largo di Marettimo, veniva rimorchiata verso il porto di Trapani. A causa di una ulterore esplosione nella zona di poppa, fu abbandonata al suo destino.

Cosa c’è di più affascinante dei racconti storici ambientati in fondo al mare?

Sommersi da decine di anni sui fondali e diventati ormai un tutt’uno con pesci e piante acquatiche. Sono centinaia i relitti sommersi nei mari siciliani.

Navi greche e romane, navi da carico e da guerra di epoca moderna, ma soprattutto navi e velivoli degli ultimi conflitti mondiali.

I musei sommersi

Uno straordinario museo sommerso che grazie all’intervento dell’uomo ed alle nuove tecnologie, si arricchisce nel tempo di nuove scoperte, ognuna con una storia da raccontare.

Infatti, così come avevamo già specificato in un precedente articolo, la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, da anni, porta avanti un lavoro di catalogazione dei relitti sommersi di interesse storico. Sono più di ottocento quelli di età post medievale, che giacciono sui fondali dei mari dell’Isola e del Mediterraneo Tirreno meridionale. Un patrimonio di siti subacquei tutelato da specifiche ordinanze di regolamentazione emesse dalle Capitanerie di Porto. Di competenza, su richiesta della Soprintendenza del Mare.

Immersione sul relitto del Pavlos

Le “Ordinanze Marittime”, espressione del “potere normativo” di Polizia Amministrativa Portuale dettano obblighi e divieti, regole generali in adeguamento alla nostra Costituzione e alle leggi ordinarie.
Tali provvedimenti sono dotati di “autoritarietà” e di “esecutorietà” (facoltà della P.A. di eseguire coattivamente il provvedimento). Perciò consentono di regolare, in relazione alle necessità emergenti locali, le attività che si esercitano nei porti e nelle altre zone di competenza.

In effetti, oltre a salvaguardare i beni culturali sommersi, i provvedimenti amministrativi assicurano la loro valorizzazione. E anche la fruizione ai siti e il loro monitoraggio nel tempo secondo i principi fissati fra l’altro dalla Convenzione UNESCO per la protezione del patrimonio culturale subacqueo (Parigi 02.11.2001) il cui scopo risiede nel superare problemi di restauro e di conservazione.

Immersione sul relitto del Pavlos

La Convenzione UNESCO per la protezione del patrimonio culturale subacqueo

L’Italia ha dato esecuzione alla Convenzione Unesco, al livello nazionale, mediante la legge n.157 del 23 ottobre 2009.

(Legge 23 ottobre 2009, n. 157 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, con Allegato, adottata a Parigi il 2 novembre 2001, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno” Gazz. Uff. n. 262 del 10 novembre 2009)

In ragione appunto della specificità del patrimonio culturale subacqueo, la comunità internazionale ha avvertito la necessità di adottare criteri uniformi di regolamentazione a tutela di questi beni. 

L’interesse educativo e culturale mostrato verso il patrimonio subacqueo mira a garantire la sua protezione. Nonché la sua conservazione attraverso misure efficaci contro le attività non autorizzate quali la vendita, l’acquisto e il baratto dei beni.

A questo fine, la prima regola dei principi generali della Convenzione prevede che “La conservazione in situ deve essere considerata come la prima opzione. Conseguentemente, le attività dirette verso il patrimonio culturale subacqueo saranno autorizzate se esse saranno condotte in modo compatibile con la protezione di questo patrimonio. E possono essere autorizzate, a questa condizione, quando esse contribuiscono in modo significativo alla conoscenza o alla valorizzazione del patrimonio culturale subacqueo stesso.”

Sono dunque tantissimi i relitti rimasti laddove sono affondati ed oggi vorrei parlarvi in particolare di uno di questi situatonei mari del Trapanese dove i relitti abbondano, alcuni dei quali anche molto antichi.

La petroliera Pavlos V

Al largo della città di Trapani, dal 1978, giace la petroliera il Pavlos V, chiamato il “relitto di Tramontana” dopo il naufragio che costò la vita a due membri dell’equipaggio.

Immersione sul relitto del Pavlos

L’immersione su questo gigante addormentato, una nave cisterna, lunga circa 180 metri e larga 24 è tra le più suggestive della costa nord-occidentale della Sicilia.

Un tuffo fantastico adatto a tutti i livelli, grazie alla scarsa profondità. Il suo lungo ponte di coperta si presta alla visita, in piena sicurezza, dei brevettati Open Water Diver. 

È anche un’immersione che può essere effettuata in un tempo relativamente lungo in quanto buona parte dello scafo è adagiato su un fondale che degrada fino a 36 metri. 

Immersione sul relitto Pavlos
Photo Credit: Fernando Scalici

Un fresco mercoledì mattino

Ebbene, in questo fresco mercoledì mattina partiamo all’alba da Palermo. Per recarci presso il Diving Center Free Divers ad Erice, vicino a Trapani.

Appena arriviamo sul molo del porticciolo, Stefano, il padrone di casa, ci raggiunge con il carrello per scaricare tutta la nostra attrezzatura. Mentre sua moglie Sara ci accoglie con un tè caldo e una colomba con mandorle (siamo sotto Pasqua!). 

In questo periodo dell’anno l’affluenza è ridotta ma, durante il briefing, Stefano ci delizia con la storia del famosissimo relitto della nave cisterna battente bandiera greca. Affondata al largo di Trapani con prua verso terra. E capiamo rapidamente che sarà un perfetto Cicerone una volta entrati in acqua.

Tuttavia ci avverte…. 

Intende valutare il nostro assetto prima di portarci all’interno della nave onde evitare di smuovere troppe sospensioni ed occasionare danni.  

Ma noi siamo pronti per questa sfida!

Immersione sul relitto del Pavlos

La storia del naufragio

All’alba dell’11 gennaio 1978, il Pavlos V, nave battente bandiera greca, proveniente dal porto tedesco di Wilhelmshaven e diretta a Milazzo, si trovava al largo delle isole Egadi. Quando affondò a causa di un incendio sviluppatosi nella sala macchine a seguito di una violenta esplosione.

La Capitaneria di Porto di Trapani fece partire due motovedette e i due rimorchiatori, Ciclope I e II, per prestare soccorso al “Pavlos” in fiamme.  

Ma fu il portacontainer norvegese “Admiral Nigeria” la prima a raggiungere la motocisterna al largo di Marettimo e prese a bordo 32 naufraghi sfuggiti alle fiamme grazie alle scialuppe di salvataggio calate in acqua. L’incendio si era propagato rapidamente a tutta la parte poppiera, costringendo l’equipaggio che dormiva nelle cuccette ad una precipitosa evacuazione.

Il “Pavlos” trainato dai due rimorchiatori procedeva lentamente verso il porto di Trapani quando si verificò a bordo una nuova esplosione. Il vento di libeccio aveva rinvigorito i focolai che nel pomeriggio precedente sembravano completamente spenti. Causando una nuova deflagrazione che fecce entrare rapidamente l’acqua nelle cisterne di carico. 

La petroliera aveva provveduto allo “stripping” a Wilhelmshaven (prosciugamento delle taniche). Viaggiava scarica e con i portelloni aperti in vista dell’imbarco di combustibile che avrebbe effettuato a Milazzo. Pertanto, dopo l’esplosione l’acqua cominciò ad invadere rapidamente tutti i serbatoi. 

Fu deciso di trainare la nave su un basso fondale di 36 metri ormeggiandola sul versante di tramontana, a ridosso del forte vento di libeccio e facendo perno sul calcagno del timone.

Da lì sorgeva il problema del recupero della nave e dell’inquinamento a causa della fuoriuscita di gasolio. A causa dello scoppio, la nave stava perdendo gasolio, con un ritmo di tre tonnellate l’ora, che avevano ricoperto la superficie del mare per un raggio di cento metri.

L’inabissamento

Per scongiurare l’inquinamento il comandante del porto, Giuseppe Francese, decise quindi di fare giungere un notevole quantitativo di solvente. Ma neanche le condizioni meteo erano favorevoli e la tempesta che si era abbattuta sul litorale trapanese impediva qualunque intervento. Purtroppo, mentre la Capitaneria definiva il piano di rigalleggiamento per riportare il Pavlos in porto, esso affondò completamente, spezzandosi in due tronconi all’altezza del castello di poppa.

Attualmente la chiglia della nave poggia su un fondale di circa 36 metri, mentre il castello di prua arriva sino ad appena una quindicina di metri dalla superficie del mare.

Iniziando quindi la discesa sulla prua della nave si potrà percorrerla per oltre tre quarti della sua lunghezza soffermandosi a guardare le varie sezioni in cui è divisa la coperta.

L’immersione

Immersione sul relitto del Pavlos
Photo Credit: Fernando Scalici

Dopo una breve navigazione verso nord-est, ormeggiamo il gommone alla cima. Che dalla prua della “Pavlos” arriva alla boa posta in superficie e come capita spesso su questo punto di immersione, si riesce ad intravedere il ponte superiore del relitto dalla superficie.

È una visione meravigliosa: non vediamo l’ora di tuffarci in acqua!

Immersione sul relitto del Pavlos
Photo Credit: Giovanni Ombrello
Sopra il ponte

Scendiamo lentamente verso questa sagoma appoggiata sulla sabbia bianca, la nave ci appare in tutta la sua maestosità e raggiungiamo rapidamente le strutture superiori. A questo livello tutto è in ottimo stato di conservazione.

Intorno a noi migliaia di castagnole (Chromis chromis), saraghi (Diplodus spp.) e banchi di ricciole.

La chiglia del lato di prua poggia su un fondale di 36 metri, da cui si innalza una visione maestosa da vascello fantasma.

Immersione sul relitto del Pavlos
Photo Credit: Fernando Scalici

Il relitto, in assetto di navigazione, poggia su un fondale sabbioso; disponendo di abilitazione alle immersioni profonde, si può raggiungere questo limite per assicurarsi la stupefacente visione del profilo di prua. 

Si notano subito gli immensi argani delle due ancore con le catene, le grandi bitte per le cime di ormeggio e un boccaporto che porta giù di tre livelli, il primo è la cala delle catene delle ancore.

Quanto siamo piccoli al confronto di questo gigante di ferro!

Sempre a prua, sul ponte di coperta, si notano le tubature per l’imbarco e lo stivaggio del combustibile che la ricoprono come una ragnatela, i portelloni dei serbatoi, le stive e parte dei locali dell’equipaggio.

Immersione sul relitto del Pavlos
Photo Credit: Fernando Scalici

Sul castello di prua si distinguono gli argani, le bitte e un boccaporto che attraversa tre livelli. Sul ponte ci sono lunghe passerelle e lucernai che ospitano le scale per scendere nelle stive.

Un lungo corridoio protetto da transenne percorre buona parte della nave, accompagnando i subacquei che volessero ripercorrere il tragitto riservato un tempo ai marinai che dovevano spostarsi da poppa a prua

Oltre il ponte principale, l’immersione diventa un’esperienza riservata ai brevettati di livello avanzato.

Oltre il ponte

Percorrendo la murata di sinistra verso poppa, ammiriamo le grandi gorgonie rosse, il coralligeno, e le spugne che l’hanno colonizzata.

Alta una quindicina di metri, la murata sembra la parete di un reef, tutta ricoperta di varie forme di vita colorate. Qua e là spuntano esili rametti di gialla Eunicella cavolini. Mentre ad un tratto, le nostre torce illuminano i rami di Paramuricea clavata presenti sul relitto, facendolo esplodere del suo bellissimo caratteristico color rosso porpora. 

Immersione sul relitto del Plavlos
Photo Credit: Fernando Scalici

Non mancano il falso corallo (Myriapora truncata) color arancio intenso, le corna d’alce (Pentapora facialis), simile al falso corallo ma con le ramificazioni appiattite e la trina di mare (Reteporella grimaldi), una delicata rete rosata.

Immersione sul relitto del Pavlos
Photo Credit: Fernando Scalici

Poco dopo, scorgiamo un bell’esemplare di riccio matita (Stylocidaris affinis), piccoli spirografi (Sabella spallanzani) con i loro pennacchi espansi per catturare il plancton e, per l’immensa gioia della sottoscritta, tantissimi delicatissimi nudibranchi

Pare incredibile come il mare possa impossessarsi di tutto ciò che vi finisce dentro e come la natura abbia in breve il sopravvento sull’opera dell’uomo: questa nave oramai é parte integrante dell’ambiente marino e diventa anche difficile credere che stiamo di fronte ad una nave di acciaio e non una parete rocciosa incrostata da mille organismi sessili ossia fissi al substrato.

Alzando gli occhi, sopra di noi, come appesa in assetto, una delle enormi ancore, posizionata nell’occhio di cubia. L’ancora di rispetto è presente ma passa spesso inosservata forse proprio a causa della grande dimensione che la rende palese solo se vista da una certa distanza. 

Il punto dell’esplosione

Secondo il profilo d’immersione pianificato si può decidere di raggiungere il punto in cui è avvenuta l’esplosione: lì la nave è spezzata e grandi detriti sparsi nell’area circostante sono diventati tana e nascondiglio per cernie (Epinephelus marginatus) e musdee (Phycis phycis). La violenta esplosione seguita all’incendio ha infatti troncato letteralmente in due la nave, lasciando la poppa intera e leggermente inclinata sul fianco sinistro a una trentina di metri di distanza dal troncone prodiero del relitto.

Purtroppo, quel giorno le correnti non ci consentono di arrivare fino a poppa, ma torneremo, è solo questione di tempo! 

La penetrazione

Iniziamo quindi finalmente la penetrazione in quelli che dovevano essere gli alloggi dell’equipaggio

Le stive che contenevano acqua sono collassate permettendo ora il passaggio in sicurezza al di sotto del piano di coperta. 

Nuotiamo con cautela in fila indiana, cercando di sollevare meno sospensione possibile, dato che il pavimento dei locali è ricoperto da un sottile strato di limo che si smuove ad ogni colpo maldestro di pinna. 

All’interno vediamo distintamente un water in ceramica.

Immersione sul relitto del Pavlos
Photo Credit: Fernando Scalici

Alla mia sinistra si presenta una porta e la tentazione di infilarsi all’interno del piccolo locale sul quale si affaccia è troppo forte! 

Però, il fascio della mia torcia lascia intravedere che non c’è assolutamente…. nulla!!! 

Il locale dove ci troviamo è piuttosto esiguo e devo indietreggiare pinneggiando con la famosa “rana all’indietro” insegnatami dal nostro istruttore Tony Scontrino. Mentre una pioggia di rosse particelle di ruggine si stacca dal soffitto smossa dalle bolle uscite dal mio secondo stadio.

Immersione sul relitto del Pavlos
Photo Credit: Fernando Scalici

Purtroppo, i diversi crolli avvenuti nell’arco del tempo impediscono di effettuare lunghe penetrazioni al suo interno; ciononostante, ci addentriamo in altri locali della nave e approfittiamo di questo salto in dietro nel tempo.

L’esplorazione dei relitti trasmette emozioni speciali, offre la possibilità di uscire della nostra “comfort zone” e regala sensazioni forti. Come, per esempio, uscire dal buio del “ventre” della nave per raggiungere il ponte di coperta. Attraverso l’orefice che potete vedere sulla foto qui sotto… 

Un’esperienza fantastica!

Immersione sul relitto del Pavlos
Photo Credit: Fernando Scalici

È giunto il momento di eseguire le nostre soste di decompressione. Siamo rimasti più di 60 minuti a gironzolare negli angoli più suggestivi del relitto. Ma di sicuro i nostri bravissimi fotografi Giovanni Ombrello e Fernando Scalici approfitteranno per scattare le ultime foto. Un’immersione affascinante che ci fa sentire senza dubbio felici ed appagati!!!

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