La subacquea in Italia e il ricambio generazionale. Dal boom economico alla crisi dei nostri giorni. Perché la subacquea non è più attrattiva per i giovani? Cerchiamo di scoprirlo
Ci sono posti meravigliosi che pochissima gente ha la fortuna di poter vedere. Si trovano sotto la superficie del mare.
Una statistica dell’ISTAT, datata 2015, ci dice che un quarto della popolazione italiana pratica attività acquatiche e subacquee. Nessuno però sa quanti di questi nuotino o pratichino acquagym e quanti invece indossino un GAV con una bombola e scendano negli abissi marini a scoprirne l’ambiente. Io credo siano molto pochi.
Il boom economico degli anni ’80 e ‘90
C’è stato un periodo storico che dal punto di vista della crescita economica non ha conosciuto precedenti.
Il decennio a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 ha davvero permesso ai più di disporre di molto denaro, da spendere in ogni modo. Furono anni con il PIL in crescita del 3% all’anno e con l’inflazione in forte calo.
Un decennio, quello della “Milano da bere”, che ha portato con sé una inimitabile ventata di ottimismo e modernità. Un rinnovato clima di spensieratezza e divertimento che ha riavvolto l’Italia, come se ci fossimo di nuovo catapultati vent’anni indietro, ovvero negli anni ’60. Un nuovo boom economico che investì la nostra penisola; e fu una ripresa economica piuttosto intensa che fece crescere a dismisura qualsiasi tipo di consumo. In particolare nel campo del divertimento, del tempo libero e dello svago.
La nuova capitale della subacquea
Questo ciclo economico favorevole permise alla subacquea di crescere così tanto da diventare un’industria. Fatta di aziende produttrici di attrezzature, diving center, agenzie didattiche e negozi specializzati.
Santa Margherita Ligure ottenne il ruolo incontrastato della subacquea italiana.
Sciami di subacquei arrivavano dalle grandi città, dalle loro periferie manche dalle campagne e, addirittura, dalle montagne.
I gommoni dei diving center, pieni stipati in ogni ordine di posto e di spazio, partivano, a breve distanza uno dall’altro, per raggiungere le boe che delimitavano le zone di immersione.
Erano anni di divertimento e passione
Erano anni di confusione, chiasso e musica. Anni di auto stipate di persone e borse piene di attrezzatura subacquea. Tutte in fila davanti ai diving center per scaricare la roba. E poi, di nuovo in fila, per cercare parcheggio.
Anni di diving center situati in posti angusti, umidi e sacrificati. Con le docce che non scaricavano e tu che ti lavavi con i piedi nell’acqua stagnante piena di residui organici di chi ti aveva preceduto. Con gli scaffali in legno stipati all’inverosimile e con le panche appoggiate su pavimenti sempre troppo acquitrinosi.
Con le vasche di risciacquo dell’attrezzatura all’interno delle quali si intingevano gli erogatori insieme alle mute pisciate dagli altri. Con i carrelli stracarichi di bombole che ti spingevi tu, avanti ed indietro dal molo.
Le grandi aziende, produttrici di attrezzature subacquee, che guarda a caso avevano le basi operative proprio da quelle parti, dal canto loro erano molto liete di redistribuire parte dei loro corposi utili con attività di sponsorizzazione, marketing e comunicazione, proprio attraverso i canali dei diving center.
La PADI, ai tempi regina incontrastata tra le agenzie didattiche mondiali, creò degli avamposti che divennero delle vere e proprie fucine di nuovi subacquei. Frotte di giovanotti di belle speranze, attratti dal sogno di vivere al mare, eternamente abbronzati ed in costume da bagno, arrivavano qui per frequentare seminari e valutazioni per diventare istruttori subacquei.
La fine dell’impero
Oggi molti diving center sembrano dei piccoli salotti. Oddio, non pensate alle hall degli hotel di lusso ma sicuramente delle situazioni decisamente più confortevoli di quelle che vi ho appena dipinto.
I bagni sono puliti e spesso piastrellati. Le docce anche. Le vasche di risciacquo dell’attrezzatura sono differenziate. Ci sono addirittura piccole tinozze per gli apparati elettronici, come macchine fotografiche, videocamere, flash, fari e computer subacquei.
Però ci sono molto meno subacquei e, soprattutto pochissimi giovani.
Che cosa è rimasto di questo boom? Di primo acchito direi veramente poco.
Nell’Area Marina Protetta di Portofino, che è il mondo che conosco meglio, sono diminuite le autorizzazioni e il numero complessivo delle immersioni.
I diving center sono affossati da costi di gestione abnormi. Da alcuni anni hanno perso il diritto ad ottenere il gasolio agevolato. Sono anche aziende cosiddette “energivore” e da qualche tempo le loro fatture, relative al consumo elettrico sono cresciute a dismisura. E poi ci sono gli imprevisti: i guasti ai mezzi nautici o i pezzi di stagione persi a causa del maltempo.
La subacquea non è rappresentata e nemmeno tutelata dalle istituzioni. Nelle stanze dei bottoni nessuno pensa a questo indotto.
Nel frattempo, congiuntura economica e pandemia pare abbiano assestato il colpo di grazia al cosiddetto “leisure time”.
Alcune evidenze
La crisi del modello dell’educazione continua
Molti istruttori subacquei, di quelli che gestiscono club e scuole di città, mi dicono che il risultato dell’educazione continua sia in calo. Pare, cioè, che in tanti vogliano provare l’ebbrezza di immergersi ma che in pochi vadano avanti nel lungo percorso che le agenzie didattiche hanno strutturato per loro.
È un po’ come se la gente si stesse sempre più indirizzando verso un consumo “mordi e fuggi”. Una frenetica turnazione di consumi, prove, emozioni e sensazioni. Un fenomeno che sta diventando un nuovo stile di vita e che ha i suoi capisaldi nei temporali store o negli showroom.
La chiusura dei negozi specializzati
Poi ci sono i negozi specializzati che chiudono. Sono negozi storici, come Alta Marea a Carugate. Un punto di riferimento, di informazione, di formazione e aggregazione.
Di contro, nei megastore di attrezzature sportive spesso il reparto della subacquea non esiste.
Qualche tempo fa, un imprenditore del settore definiva la subacquea come uno sport minore e mi spiegava i motivi per cui solo in alcuni dei suoi punti vendita aveva inserito il reparto apposito. È decisamente più semplice vendere attrezzature per i runner, per gli escursionisti, per i bodybuilder e addirittura per gli sciatori. Costa molto meno formare personale per vendere un sup o una racchetta da Padel che per vendere un erogatore o una muta stagna.
I motivi
I costi
Quando si parla di un settore in crisi immediatamente si da la colpa ai costi.
Costa troppo la subacquea? Qualcuno mi ha quantificato il costo di una giornata al mare, partendo da una grande città e includendo costi di viaggio e mangiare. Potrebbe arrivare a costare oltre 200€ che, calcolati su un bilancio familiare già risicato a causa del generale aumenti dei costi, sono moltissimi.
Qualcun altro è arrivato a dirmi che praticare la subacquea costa più che giocare a golf…
Consideriamo anche la concorrenza da parte di altre attività. Un tempo le passioni erano meno, oggi crescono come funghi. L’esplosione del Padel ne è un esempio. Ma ce ne sono a bizzeffe: l’airbording, il parkour, il sup o le ciaspole, per chi ama fatica e contatto con la natura.
l post lockdown
Ci aggiungiamo quella sorta di pigrizia che ci ha colti dal lockdown in poi?
Pare che la reclusione forzata abbia ristretto la nostra zona di comfort all’interno delle mure domestiche. E noi, esseri dannatamente pigri e poco inclini al cambiamento, abbiamo goduto a crogiolarci nella nostra cuccia. Rinunciando alle meravigliose sfide che il mondo, continuamente, ci propone.
Il ricambio generazionale
E poi c’è il tema fondamentale: il ricambio generazionale.
L’utenza sta diminuendo e ci sono poche vocazioni. Le banchine e le barche dei diving center sono perlopiù frequentate da ultracinquantenni, come me del resto.
Quando vedo un ragazzino con la muta addosso mi viene voglia di fargli una foto, quasi come quando vedo sott’acqua una Alicia myrabilis.
Mi chiedo chi coprirà il posto di noi vecchietti quando appenderemo le pinne al chiodo.
Perché la subacquea non è più attrattiva per i giovani?
Forse i motivi sono già emersi tutti. Ma analizziamoli per bene.
Un’attività costosa
Un’attività costosa per un adulto lo è molto di più per un giovane, che di solito studia o si sta affacciando timidamente nel mondo del lavoro. Un mondo che oggi offre compensi offensivi e che richiede in cambio impegno spropositato.
La subacquea non è mai stato un hobby per tutti. È sempre stato, a causa dei suoi costi, ad appannaggio di una popolazione che ha a disposizione mezzi leggermente superiori.
E poi, diciamocelo, i giovani i soldi per spendere ce li hanno, sempre e da qualche parte. LI spendono in aperitivi, smartphone, vestiti e accessori. Li hanno e li spendono!!! Semplicemente li spendono altrove.
La trasformazione dei consumi
La trasformazione dei consumi porta con sé anche la brevità del piacere. Abbiamo già visto come i consumi stiano sempre più evolvendo sul concetto del “mordi e fuggi”. La scorsa estate, in una famosissima e esclusivissima isola greca, un diving center traeva quasi tutti i suoi utili dalla subacquea esperienziale, ovvero della prova. Quel vecchio battesimo subacqueo che oggi le grandi agenzie didattiche lo hanno sapientemente struttura in un piccolo percorso formativo che regala addirittura un attestato finale.
Insomma, si va sott’acqua come quando, un tempo, si provava il bungee jumping. Ci si fa due selfie, li si posta su Instagram via, verso nuove avventure.
La subacquea è poco conosciuta
Poi, c’è chi dice che la subacquea è poco conosciuta tra i giovani. Non è pubblicizzata, o meglio, è pubblicizzata ma non è veicolata al di fuori della congregazione.
Chi, come me, è molto attivo sui social networks potrebbe essere tratto in inganno. Perché la mia mia bacheca di Facebook, ad esempio, è piena di post relativi alla subacquea. Fotografie naturalistiche, squali spettacolari. Video incredibili girati nei fondali più belli del mondo, penetrazioni nei relitti più profondi o nelle caverne più buie e strette. E poi fotografie di subacquei in assetto, più o meno perfetto. Sempre che la perfezione esista…
Auto celebrazione? Competizione? Voglia di emergere e apparire? È tutto lecito e, a mio modo di vedere, coerente con l’utilizzo degli strumenti di social networking.
Peccato che questi sforzi sembra non siano efficaci perché non arrivano alla destinazione giusta. Ovvero a chi in questo mondo non c’è ancora. A chi, se riesce ad intravedere qualche post, vede molta ricerca dell’iper perfezionismo, molta competitività, talvolta molte critiche ma poca, pochissima idea di divertimento.
Il divertimento
Forse , la vera discriminante è proprio il divertimento.
Intendiamoci, la subacquea è una cosa seria, che non può assolutamente essere praticata un modo superficiale. Ma operare in sicurezza non significa vivere le nostre esperienze in religioso silenzio, focalizzati sulle performances, quasi dovessimo disputare una finale olimpica.
Bisogna vivere le immersioni come aggregazione, avventura e risate, rompendo gli schemi di una vita che invece ci vuole condurre verso l’iper perfezione e l’iper competizione. La subacquea deve essere inclusiva, non esclusiva.
Si può praticare le immersioni divertendosi e scoprendo cose nuove anche senza avere il miglior trim del mondo, senza raggiungere le profondità e gli ambienti più reconditi. Anche senza le attrezzature più all’avanguardia e, inevitabilmente, più care. Senza infilarsi nei buchi più stretti , senza cercare di sembrare il più bravo della classe…
La professione del futuro?
Il giovane chiama il giovane.
Qualche spiraglio in gironi vede, nuove leve, nuovi istruttori, diving center innovativi. Composti da staff giovane, motivato, determinato, gioioso e instancabile. Diving center all’interno dei quali, finalmente, si respira un’aria diversa. Fatta di sorrisi, scherzi, musica, chiasso e divertimento.
E si, perché per fortuna, qualche giovanotto cresce, va avanti e diventa istruttore. Perché il lavoro dell’istruttore subacqueo, mai come oggi, è davvero un’ottima possibilità per il futuro.
Un lavoro divertente, che offre la possibilità di vivere in ambienti nuovi, sempre diversi e stimolanti. Di conoscere mondi e culture differenti. E che permette anche buoni ritorni economici. Soprattuto se li paragoniamo a cosa offre, oggi, ai giovani il mercato del lavoro.
E allora: “largo ai giovani!!!”