SECCA GONZATTI (o Secca Carega)

La Secca Gonzatti (o Secca Carega) con i ragazzi di Massub Diving Portofino insieme al mio amico Giangi Gonzatti, nipote del mitico pioniere genovese Dario Gonzatti, deceduto in queste acque nel 1947, durante un’immersione mentre testava uno dei primi prototipi di auto respiratore ad ossigeno (ARO).

In ordine di importanza, di fama e di enfasi mediatica è la seconda secca che si trova nei fondali dell’Area Marina Protetta di Portofino. Tutt’ora risente, drammaticamente, della concorrenza spietata e sleale del mito della Secca dell’Isuela. Ciononostante, per me, rappresenta tutt’oggi una delle migliori immersioni di tutto il Mar Mediterraneo, una tacca che non può assolutamente mancare nel logbook di ogni subacqueo.

Secca Gonzatti (o Secca Carega) è un’immersione che vale come un trattato di biologia marina: corallo rosso, enormi ventagli di gorgonie, madrepore che ricoprono le pareti, cernie, saraghi, corvine e gli immancabili “barracuda della Carega”. Qui, l’occhio del subacqueo è davvero appagato. Credetemi!!!

Chi non ha voglia di leggere può fermarsi qui e vedere questo video

Se invece hai voglia di leggere un po’ sulla Secca Gonzatti (o Secca Carega) puoi andare avanti…

Secca Gonzatti (o Secca Carega)

Avere un doppio nome, solitamente, è un segno distintivo, molte volte nobiliare. In questo caso il doppio nome rischia di creare un po’ di confusione in chi viene qui sporadicamente. Quindi chiariamo subito: Secca Carega e Secca Gonzatti sono la stessa, identica, immersione

I pescatori locali e in genere gli autoctoni della zona la chiamano Secca della Carega, in quanto si trova a pochi metri dalla costa in prossimità della omonima Punta Carega. Carega, in dialetto genovese, significa seggiola e la roccia squadrata di questa punta ricorda appunto una sedia.

Gli altri, prevalentemente quelli che vengono da fuori, i “foresti” come vengono simpaticamente definiti da queste parti, la conoscono come Secca Gonzatti perché, sulla battigia, qualche decina di metri prima era apposta una targa che purtroppo la mareggiata dell’autunno del 2018 ha staccato, inesorabilmente. La targa ricordava il pioniere genovese Dario Gonzatti, deceduto in queste acque nel 1947, durante un’immersione mentre testava uno dei primi prototipi di auto respiratore ad ossigeno (ARO).

Il mare di Portofino è stato il teatro delle immersioni e delle prove delle prime rudimentali attrezzature del tempo da parte di tutti i precursori della moderna subacquea. Da Duilio Marcante, il padre della didattica subacquea italiana, a Ludovico MaresEgidio Cressi e Luigi Ferraro, fulgidi esempi dell’imprenditoria genovese e fondatori di tre delle più grandi aziende produttrici di attrezzature a livello mondiale.

La Secca Gonzatti (o Secca Carega) dista poche decine di metri dalla costa e la sua sommità si erge a soli tre metri dalla superficie. Il sito è ben riconoscibile per chi arriva dal mare perché la punta è sormontata da una struttura bianca in cemento che ha la funzione di tele goniometro.

Comunque la vogliate chiamare è un’immersione spettacolare ma se volete davvero sembrare “local” e fare la figura di chi è ben introdotto da queste parti chiamatela semplicemente Carega.

Al grido di “o Carega o muerte”

L’immersione della Secca Gonzatti (o Secca Carega) è sicuramente tra la più gettonate da parte dei subacquei che arrivano da ogni parte d’Italia e d’Europa per tuffarsi in queste splendide acque. 

È sempre desiderata, c’è addirittura chi la pretende già al telefono mentre prenota l’immersione per il weekend in arrivo. 

Al grido di “O Carega o muerte” ho visto moltitudini di subacquei richiedere espressamente al diving center o al barcaiolo di essere portati lì.

In particolare, ne ricordo un episodio accaduto molti anni fa. C’è una famosissima azienda, che ha sede da queste parti e che produce attrezzature subacquee, che è solita organizzare dei meeting con i propri distributori internazionali. E durante questi meeting, questa azienda ha l’abitudine di offrire a questi loro preziosi collaboratori una giornata di immersioni. 

A quei tempi, io frequentavo con assiduità il mitico ed indimenticabile Abyss Diving. Oggi (e mentre lo dico mi scende sempre una lacrimuccia) questo diving non c’è più, però ai tempi era quello prescelto dalla famosissima azienda per organizzare le immersioni di questi simpatici distributori. Ce n’erano davvero molti e arrivavano un po’ da tutto il mondo, una sorta di “melting pot” di venditori di attrezzature subacquee. Alti, bassi, magri, cicciottelli, con o senza la barba e con o senza i capelli. Europei, asiatici, americani, gente che scherzava ed altri sempre seri. 

Venni assoldato come guida subacquea per accompagnarli sott’acqua. Mi scelsero semplicemente perché ero l’unico a riuscire a mettere insieme tre o quattro parole d’inglese per poter interagire con loro. Spiegargli come muoversi all’interno dei locali del diving center, come e dove assemblare l’attrezzatura e, soprattutto come comportarsi in barca. 

Non mi ero posto il problema della scelta del sito di immersione perché pensavo, e qui mi sbagliavo clamorosamente, che non ne conoscessero nessuno. E invece no, conoscevano tutti i posti più famosi. Ad in certo punto, uno di loro, credo fosse della Repubblica Ceca o comunque di quella zona, si impuntò e chiese espressamente di andare a “Secca Carega”. Mi misi d’accordo con il barcaiolo e ci dirigemmo verso quel punto ma, drammaticamente, sulla boa c’erano ormeggiate ben due barche. Mi girai verso di loro, comunicai che era impossibile fermarsi e che avremmo potuto optare per la vicina Colombara. Fu a quel punto che il Ceco iniziò a dare in escandescenza e a nulla stava servendo il mio meschino tentativo di convincerlo che avremo potuto andarci nell’immersione pomeridiana e che dopo pranzo, per una questione di luce solare, in quel periodo la Carega era nel suo massimo splendore. I suoi colleghi si fecero facilmente turlupinare ma lui fu fermo, imperterrito, nella sua scelta: “I wanna go to Secca Carega”. 

È inutile che vi dica che aspettammo almeno venti minuti che una delle due barche se ne andasse per poter finalmente ormeggiare e far vedere al testardo venditore le meraviglie della Carega. Che ovviamente si fece ammirare nel suo massimo splendore.

Solo molti anni dopo scoprii che il nostro simpatico distributore mitteleuropeo fu pompato nella sua scelta da un dirigente di questa azienda che è solito andare a provare l’attrezzatura che sta producendo sempre e proprio qui.

SECCA GONZATTI (o Secca Carega)

Il mito della Carega

Ma come è nato il mito della Carega?

Onestamente non saprei davvero dirvelo, probabilmente perché in quel posto transita davvero tanto pesce. Così tanto da non poterlo non vedere. Così tanto da stupire ancore anche chi, come il sottoscritto, la testa qui sotto l’ha messa davvero tante volte.

Anche se, ad onore del vero, una volta mi è capitato di sentire dalla voce di un subacqueo, che era appena riemerso, che lui non aveva visto un bel niente. Provai a spiegargli che cosa avrebbe dovuto aver visto ma poi, dopo averlo squadrato ben bene, ci rinunciai. O era miope e si immergeva senza correzioni ottiche, come facevo io agli inizi, oppure era un autistico della subacquea, ovvero uno di quelli che va sott’acqua per perdere ogni tipo di contatto con il mondo esterno. Il che, chiariamo, non è per nulla deprecabile.

Io penso che le uniche volte che alla Secca Gonzatti (o Secca Carega) non si vede niente è perché c’è stato maltempo e mare agitato per una settimana intera.

Il lato sud

La boa che segnala l’immersione si trova ad una distanza di una decina di metri da questo scoglio. Il suo cappello è a tre metri di profondità e nelle belle giornate, con l’acqua limpida e priva di sospensione, è ben visibile anche dalla superficie.

Solitamente circumnavigo la secca, in senso antiorario, iniziando dal versante che si affaccia sul mare aperto, verso sud. In questa zona la parete scende verticalmente sino a 25 metri di profondità, forma un breve gradino leggermente inclinato e ricoperto di Posidonia oceanica e poi si rituffa verso il fondo, sul limo, ad una batimetrica di 45 metri.

È un tratto ricchissimo di specie animali tale da fornirmi una quantità di spunti di osservazione e di studio per me che sono appassionato di biologia marina. Se chiudo gli occhi mi vengono in mente due scene ben distinte. La prima ha come protagonisti banchi di salpe che ruminano tra le alghe per poi aprirsi verso la superficie in un passaggio infinito di esemplari. Nella seconda ci sono i dentici; nuotano placidi a mezz’acqua e mi è capitato spesso di vederli partire, all’improvviso, in caccia. In quell’istante le nuvole formate dalle castagnole che quasi coprono la mia visuale si aprono velocemente al passare di questi poderosi predatori. Ogni tanto, di solito a settembre, al posto delle castagnole ci sono le povere, e certamente più gustose, sardine. Lo spettacolo, in questo caso, è davvero unico: lo sciame argentato si apre e si allunga come se fosse pilotato da un regista scenico mentre i nostri dentici si muovono all’impazzata con cambi di direzione improvvisa.

SECCA GONZATTI (o Secca Carega)

Oltre i 30 metri si entra nel regno della gorgonia rossa che compare in numerosissime e coloratissime colonie. Sul fondo, quasi in prossimità di un tratto in cui la roccia propone un angolo netto, c’è un fantastico ventaglio di gorgonia bicolore, il cui giallo intenso genera un meraviglioso contrasto con l’ambiente reso buio dalla profondità.

Se abbandoniamo per un attimo la secca per dirigersi verso il mare aperto ci si imbatte in un paio di interessanti massi che si ergono dalla sabbia. Sono ricoperti dai gorgonacei e gli anfratti sono abitati da minacciose murene.
Rientrando verso la secca ed iniziando a risalire a profondità meno impegnative gli occhi si perdono nelle innumerevoli spaccature della roccia dove il corallo rosso è prorompente.

I barracuda della Carega

Il versante di Levante è completamente ricoperto di gorgonie gialle ed è il luogo nel quale, con una regolarità ormai precisissima, si incontrano gli ormai celebri “barracuda della Carega”. Un po’ come il Pino di Aleppo, la Tigre della Malesia (o del ribaltabile) o il bisonte americano esiste anche il barracuda della Carega. Che in realtà è un normalissimo barracuda che troviamo ovunque da queste parti. Però, qui a Carega li trovi sempre, regolarmente e nello stesso punto. Ce ne sono così tanti che a volte mi è capitato di snobbarli per andar oltre, a vedere qualcos’altro.
Un tempo l’area del barracuda boccagialla era limitata alle regioni del Nord dell’Atlantico, tra Capo Verde, le Canarie e le Azzorre. Negli ultimi vent’anni, a causa del surriscaldamento globale dei mari, questo pesce ha pian piano colonizzato stabilmente tutto il Mar Mediterraneo, tanto che oggi è stato ormai ribattezzato “barracuda del Mediterraneo”.

I barracuda della Carega vivono soprattutto in mare aperto, nuotando in grossi banchi dalla profondità di 50 metri sino alla superficie. Non è raro che si spostino sotto costa vicino ai promontori ed alle secche ed è facile avvistarlo in parecchi punti di immersione nel Mare Nostrum. Sono caratterizzati da un corpo di forma allungata, con una colorazione bluastra e grigio argentea e sul dorso presentano le classiche bande nere verticali. La loro bocca è minacciosa, spesso è semi aperta e lascia intravede i robusti ed intimidatori denti.

Oggi, qui alla Secca Gonzatti (o Secca Carega) ce ne sono veramente molti! Puoi nuotare a mezz’acqua, avanti e indietro, trasportato dalla corrente in un senso e pinneggiandogli contro nell’altro. Ci puoi passare in mezzo, infilarti nel banco e provare l’ebbrezza di sentirti uno di loro, seguendo il loro flusso, girando insieme a loro nel vortice che creano. Puoi davvero provare l’emozione di essere immerso nel blu, in mezzo al blu, insieme ai barracuda!!

SECCA GONZATTI (o Secca Carega)

Il versante verso costa

Il fondale del versante rivolto verso la costa risale attraverso una sella ricca di massi e grandi conformazioni rocciose. In questa zona vivono grosse cernie stanziali e splendidi gruppi di corvine che danzano al ritmo della corrente e placidi banchi di saraghi.

Siamo in un lungo corridoio, con una profondità mai superiore ai venti metri. Lo si può percorrere in lungo ed in largo, anche venti volte senza mai annoiarsi e senza mai rivedere gli stessi pesci.

SECCA GONZATTI (o Secca Carega)

Giunge, infine, l’ora di risalire di quota. Il cappello della secca è l’ideale per le soste di sicurezza e per le decompressioni, ovviamente per chi le può fare. Ma qui non è mai tempo perso, soprattutto se c’è quel pizzico di corrente. I dentici, qui, risalgono spesso verso la superficie e gironzolano curiosi tra questi strani e numerosi esemplari che emettono bolle e che insistono per essere portati qui.

Tuteliamo questo mare

Qui, come in tutte le altre immersioni dell’Area Marina Protetta di Portofino, comprendo quanto sia importante la tutela del nostro mare. Il risultato di vent’anni di protezione è sotto i nostri occhi, anzi davanti alla nostra maschera.
I ventagli di gorgonie sono ormai imponenti, il corallo rosso cresce giorno dopo giorno in un ambiente finalmente adatto alle sue esigenze. Le colonie di madrepore ormai tappezzano le volte della roccia. E soprattutto nuotiamo, felici come bambini al parco giochi, in mezzo ai pesci che non temono più questi esseri umani, rumorosi e con le loro attrezzature ingombranti.

Però, gli effetti dei cambiamenti climatici sono ormai una quotidianità. Purtroppo, il Mediterraneo è uno dei mari dove questi effetti sono più intensi ed evidenti. Gli effetti dello sfruttamento da parte dell’uomo stanno arrivando anche qui. Le pinneggiate dei subacquei disattenti o poco avvezzi all’assetto, gli ancoraggi delle barche da diporto, le lenze e, ancor peggio, le reti da pesca presto inizieranno a lasciare segni irreversibili.

Pestiamoci molta attenzione!!!

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