Immersioni all’Isola d’Elba, in autunno, quando tutto è più calmo. La Secca di Fonza e la Corbella. Dove il Mediterraneo è ancora selvaggio e regala grandi emozioni.
Sei pronto? Via!!!!
Immersioni all’Isola d’Elba in autunno
A settembre è più bello. C’è meno gente in giro, l’atmosfera è più distesa e tranquilla e il tempo sembra più dilatato.
Il clima è più fresco, l’aria è frizzante ma il sole continua ad essere amabilmente caldo.
Alla fine di settembre , la maggior parte dei turisti ha già lasciato l’isola d’Elba e questo ti permette di godere delle sue bellezze, subacquee e non, con molto meno affollamento.
I prezzi sono anche più accessibili. Alla fine della stagione turistica, molte strutture alberghiere potrebbero offrire tariffe molto più convenienti rispetto ai mesi estivi. E questo ti permetterà di risparmiare sui costi del viaggio.
Poi devi considerare che i cambiamenti climatici negli ultimi anni stanno prolungando inaspettatamente l’estate. All’isola d’Elba, a settembre, il clima è ancora mite e l’acqua è ancora davvero calda. Ciò ti consente di continuare a godere del mare in un ambiente assolutamente confortevole e piacevole.
La fine dell’estate, poi, offre solitamente le migliori condizioni di visibilità subacquea. L’acqua è chiara e calma e ciò rende le immersioni all’Isola d’Elba il luogo ideale per esplorare, con assoluta tranquillità, i finali marini e ammirarne la sua ricca vita subacquea.
I diving center sono ancora tutti in piena attività e pronti ad accoglierti e accompagnarti anche nei siti meno frequentati.
E allora, preparati a leggere il mio racconto sulla mia esperienza e sulle mie immersioni all’Isola d’Elba ad inizio autunno.
Autumn in Elba
Nasce per puro caso la decisione andare qualche giorno all’isola d’Elba per fare delle immersioni. Anche perché io, all’Elba c’ero appena stato, per una settimana ad inizio settembre.
Ma la voglia di mare e di immersioni è tale che convinco Andrea Di Vaira a dirottare il suo progetto di andare alle Tremiti. Si, perché lui ha da tempo pianificato un’intera settimana da dedicare ad un paio di amici, Mattia Beretta e il “vecchio” Franck Nembrini, che vogliono ottenere la certificazione che li abiliti alla profondità di 45 metri.
Poi c’è stata qualche giornata di maltempo e di mareggiate e io mi sono subdolamente insinuato nella sua mente, evocando scenari da tregenda. Del tipo “ma che cazzo andata a fare sin laggiù che rischiate di beccare una settimana di mare?”
In realtà, io alle isole Tremiti ci andrei di corsa, anche adesso. Sono un posto fantastico, con dei fondali spettacolari. Però, io non ho a disposizione un’intera settimana come loro e vorrei andare in un posto più vicino e semplice da raggiungere. Tipo l’isola d’Elba, appunto.
E nel momento in cui mi rendo conto che la mia attività di terrorismo psicologico sta sortendo l’effetto desiderato, scelgo di giocare la mia carta vincente. Ed esco con un “e se organizzassi tutto io per l’isola d’Elba? Diving center, albergo, siti di immersioni? E pure i ristoranti per la sera?”
Il risultato finale lo puoi immaginare: si parte per l’Elba. Loro resteranno lì per tutta la durata del corso e io me ne andrò a metà settimana. Che mente diabolica…
Ma non è finita qui. Perché ora entra in scena un ultimo personaggio, Yme Carsana. Il classico amico con cui io passerei sempre e volentieri delle vacanze in giro per il mondo a fare immersioni, oziare, scambiare pensieri e opinioni, mangiare nei migliori ristoranti e bere del gran buon vino. E magari anche qualche rum.
Quest’anno non eravamo ancora riusciti a farci qualche giorno insieme. L’occasione era ghiotta ed è salito a bordo della mia autovettura. Ci ha caricato sopra un intero arsenale di bombole, rebreather e attrezzature simili e ha detto: “partiamo subito che arriviamo in tempo per prenderci un aperitivo al bar del porto di Marciana Marina.”
Immersioni isola d’Elba
Avevo dipinto un’ipotetico scenario da tregenda al povero Di Vaira per convincerlo a non andare alle Tremiti. Ecco, un po’ me la sono tirata perché c’è molto vento da nord che ci costringe a ripiegare su siti di immersione che si trovano sul versante meridionale dell’isola.
Ma il vento da nord porta un clima secco con il cielo azzurro, limpido e terso. E, come non bastasse, fa caldo, molto caldo. Sembra di essere a fine giugno. Alla mattina andremo sott’acquea mentre al pomeriggio ozieremo sulla spiaggia della Fetovaia, al sole, sdraiati su comodissimi lettini. E, ogni tanto, faremo anche un tuffo per rinfrescarci. Ah… che bella vita fanno i subacquei come noi!!!
“Vi ho consigliato bene, o no?” dico ai ragazzi con un non so che di vanità.
La secca di Fonza
Il mio amico Antonio Guarini, che gestisce il diving center SubNow a Marina di Campo, località La Foce, me lo dice da una vita. “Tu devi venire a Fonza con me!” A dire il vero io a Fonza ci ero già stato, forse c’era anche lui. Ma probabilmente non se ne ricorda. Vatti a fidare degli amici, anche stavolta andrò a Fonza con un altro diving. In realtà con una promiscuità di altri diving center: Elba Diving di Marciana Marina e Dive Center Blu di Marina di Campo. Nord e Sud dell’isola che si incontrano per venire incontro alle esigenze di questo manipolo di sommozzatori esigenti. Che vogliono fare delle bellissime immersioni, sempre e costantemente.
Sono le 8 del mattino di lunedì 25 settembre, quando iniziamo a caricare tutte le nostre attrezzature sul furgone di Elba Diving. Noi nel frattempo ci dirigeremo, con molta calma, in auto a Marina di Campo dove parcheggeremo le nostre automobili, prenderemo un buon caffè in quella bella pasticceria nella via pedonale e andremo all’imbarco. Dove il gommone di Dive Center Blu ci porterà alla Secca di Fonza.
Facciamo rotta verso sud est, sino ad un punto dove un paio di boe galleggiano dondolanti. Lì sotto, a sei metri di profondità c’è il cappello della secca, ben visibile anche dalla superficie. Buon segno; vuol dire che troveremo una visibilità fantastica.
È la secca corallina, uno degli unici siti di immersioni all’Isola d’Elba dove si trova il corallo rosso. E lo si trova abbondante. Con una parete verticale sul lato orientale, che sprofonda ben oltre la profondità di 40 metri. In ogni cavità della roccia troviamo dei coloratissimi rametti, anche di una decina di centimetri. Spesso i loro candidi polipetti sono aperti, in cerca di alimentazione. Il contrasto tra il bianco e il rosso è paradisiaco.
Ma le cavità nascondono altre sorprese. Sono bellissime aragoste che guardano il mondo dal loro rifugio terrazzato. E guardano pure me, che punto i miei illuminatori Revolution 7000 color di Easydive contro i loro timidi occhietti. Ne son conscio, sono un gran rompi coglioni. Però, queste foto che ho fatto con il mio iPhone 14 Pro gelosamente custodito all’interno della mia DiveShot sempre di Easydive, mi fanno davvero godere…
Ai piedi della parete, laddove la secca va a morire sul fondale di sabbia, ci sono grosse spugne gialle a candelabro e le immancabili gorgonie rosse. Io e Yme rimaniamo là sotto per una cinquantina di minuti, forti delle nostre miscele di fondo (lui ha pure il rEvo sulle spalle) e dei miei gas decompressivi.
Sul versante sud, noi abbiamo pinneggiato in senso orario con la parete sulla nostra destra, le pendenze diminuiscono e si forma un pianoro ampio e riparato. Il posto ideale per il mio cambio gas e il posto perfetto per il pesce pelagico che da queste parti è solito tendere agguati minacciosi. Grandi dentici nuotano in banchi agguerriti, pronti a sferrare attacchi micidiali che squarciano le nubi delle castagnole che colorano l’ambiente o delle acciughe che rendono luccicante il panorama. E poi le ricciole, agili e veloci. Pronte e fendere l’acqua per avventarsi sui poveri resti delle acciughe, già decimate dalla voracità dei dentici.
Risalgo, seguendo il pendio del pianoro. L’acqua si fa sempre più calda e questo è un dannato problema. Il surriscaldamento del Mar Mediterraneo però rende felici i barracuda che ronzano sopra la mia testa, del tutto incuranti della mia presenza fastidiosa. E poi, le corvine, sempre eleganti e disciplinate; sempre in coppia. Con loro le salpe, sciami agitati che nuotano puntando la superficie per virare improvvisamente e ridiscendere verso il pianoro algoso. E quasi, in superficie, all’interno di un’ansa, perfetta per scaricare gli ultimi e eterni minuti di decompressione, ci sono i saraghi, placidi come sempre, che dondolano al ritmo blando della corrente.
Laggiù, dove il Mediterraneo è ancora selvaggio, io e i miei amici ci siamo rimasti un’ora e mezza. Ci voleva, davvero.
La Corbella
Martedì mattina, il giorno successivo. Che sembra l’esatta fotocopia del giorno precedente. Stesso vento da nord, giornata meravigliosa e identico itinerario. Autovettura diretta a Marina di Campo, caffè alla pasticceria delle ragazze e appuntamento all’imbarco.
Puntiamo ancora verso su est ma questa volta oltrepassiamo il golfo di Lacona, per arrivare a Capo Stella. Dove affiorano alcuni scogli, da cui si eleva il grosso faraglione della Corbella che dona il nome a tutta la zona di rocce circostanti. Non c’è nessuno, siamo l’unica barca ormeggiata. Sarà un buon segnale o no? Io qui non ci sono mai stato. Ieri sono stato abituato bene, oggi come sarà?
Scendiamo su un pianoro digradante ad una profondità di 15 metri. Michele, sul gommone, ci ha detto di andare verso est, puntando una rotta immaginaria verso Capoliveri. Qui sotto, grandi massi formano un labirinto di tane, crepacci e larghi avvallamenti. Puntiamo verso sud est dove il fondale scende ripido, fino ad incontrare la sabbia, ben oltre i 45 metri. All’esterno, alcuni panettoni ci invitano a raggiungerli.
Qui sotto regnano indisturbate le gorgonie rosse. Belle, alte con ventagli eleganti che si stagliano verso la luce. Amo il corallino del Mediterraneo, lo considero così affascinante che, spesso, mi trovo a combattere con il partito degli amanti dei relitti. Questi scriteriati arrivano a dirmi che il ferro è molto più bello di una gorgonia. Io, quando li sento, divento matto! (Ovviamente, sto enfatizzando. Però, il dibattito esiste per davvero e quando mi ci trovo in mezzo io difendo le gorgonie.) Comunque, amici relittari, state tranquilli che in questo blog trovate molti racconti interessanti anche sui relitti. In questo ambito la mia passione è l’aereo. Così, per dire.
Qui però ci sono le gorgonie. E ci sono anche i gattucci che si nascondono guardinghi negli anfratti. Della loro presenza ci accorgiamo perché i rami delle gorgonie sono pieni delle loro uova, fissate da quegli strani filamenti che ricordano i rami delle viti. Proviamo ad illuminarle nel tentativo di individuare l’embrione. Una sorta di ecografia subacquea, rudimentale ma efficace. E in alcuni casi emozionante.
Poi una gorgonia grande, ben esposta alla corrente. Qui le uova sono addirittura due. Fotografo, fotografo e ancora, fotografo. Ho già in mente il titolo: i gemelli.
C’è uno scoglio, ad una decina di metri dalla parete. È coperto di gorgonie. All’ombra dei ventagli un grosso scorfano sta pigramente riposando. Al nostro arrivo apre gli occhi, li rotea continuamente per capire cosa stiamo facendo. È preoccupato ma non da l’impressione di volersene andare. Quel posticino gli piace molto.
Yme si mette in posa e io lo fotografo.
“La natura non si osserva con gli occhi ma affondando i piedi nell’acqua gelida di un ruscello, il viso nel vento o il corpo sott’acqua. E la si immortala con una DiveShot, la custodia universale per smartphone by Easydive.”