Immersioni a Isola delle femmine; le sue strepitose pareti, i suoi fondali incantati.
Sei pronto per un lungo viaggio che ti porterà dall’autostrada di Genova alla Sicilia più vera e incontaminata? Il tutto sulle note di “It’s my Life di Bon Jovi?
Pronto? Uno, due, tre… via!!!
Autostrada A10, Genova Livorno
Sto viaggiando ad una velocità di crociera molto blanda, il traffico davanti a me è scorrevole sebbene molte autovetture con targa straniera rallentino il flusso regolare. Con quell’andatura tipica di chi non è avvezzo alla guida sulle autostrade della Liguria.
Non ho fretta, il ritmo agostano mi sta rendendo questo viaggio totalmente privo si stress. Spotify sta riproducendo “It’s my life” di Bon Jovi. Sulla mia sinistra il mare turchese è placido, alcune navi container, all’orizzonte, stanno attendendo ordinatamente il loro turno per entrare in porto, a Genova.
“my hearth is like an open highway
like Frankie said, “I did it my way”
I just want to live while I’m alive
‘cause it’s my life”
Il traghetto Genova – Palermo
Il pensiero va oltre, verso quel traghetto enorme che trasporta gente chissà dove, verso quale porto, quale indimenticabile vacanza.
Automobili stipate, file interminabili all’imbarco, una nottata sul ponte a guardare le stelle a ad assorbire quell’umidità che solo il mare può regalarci o appisolati su una poltrona con la cervicale che grida vendetta per la postura innaturale e per l’aria condizionata che non da tregua oppure, per i più fortunati, accucciati comodamente nelle loro cabine, con tanto di rollio ad accompagnare i loro sogni.
Come è successo a me, quando sono andato in Sicilia, a maggio, per l’XR Camp 2023, per le immersioni a Isola delle femmine.
Con me c’era Andrea Di Vaira che voleva, a tutti i costi, vedere l’Inter in televisione mentre io ho preferito leggere qualche pagina di un buon libro.
Genova che scompare lentamente mentre abbandoniamo il ponte per conquistare la cabina. Il tempo scandito da pause arcaiche: colazione, pranzo e cena. In mezzo ore e ore di racconti di vita e di progetti futuri.
Palermo arriva come un miraggio, quando sta imbrunendo e quando gli amici stanno preparandoci la festa di benvenuto per le immersioni a Isola delle Femmine.
“‘cause I ain’t gonna live forever
I just want to live while I’m alive
it’s my life”
Isola delle femmine
Il sole inizia a scaldare presto, anche se siamo solo alla fine di maggio. L’asfalto inizia a rilasciare calore poco dopo l’alba mentre la gente del borgo prova ad approfittare delle prime ore del giorno per svolgere le proprie mansioni. Poi ci sarà spazio solo per i subacquei, vestiti come astronauti che trascineranno le loro attrezzature verso il porticciolo. I turisti, quelli estivi, devono ancora arrivare.
Il promontorio di Capo Gallo delimita in modo netto una parte del mio orizzonte, immagino Palermo e la sua vita brulicante alle sue spalle. L’isolotto, invece, è sempre di fronte a me e la sua piccola torre saracena svetta illuminata dal sole ormai alto. Immagino la piccola scialuppa con a bordo le tredici fanciulle turche abbandonate dai loro consorti dopo essersi macchiate di chissà quali gravi colpe. Me le raffiguro spaventate e abbandonate al proprio destino, prigioniere in questa torre per sette lunghi anni.
“Yeah, this is for the ones who stood their ground
for Tommy and Gina, who never backed down
tomorrow’s getting harder, make no mistake
luck ain’t even lucky, got to make you’re your own breaks
It’s my life”
Le pareti sommerse di Isola delle femmine
Il fondale digrada lentamente quasi come se l’isolotto non volesse mai affondare. Si pinneggia sulla Posidonia oceanica per lunghissimi e interminabili minuti. Guardo spesso il mio computer subacqueo e trovo pochissimi segnali incoraggianti di aumento della profondità. Qualche timida cernia mi osserva curiosa; io la guardo di sottecchi, lei mi scruta convinta che io non la stia vedendo. È sicura di sé perché sa di avere una tana a portata di pinna. I saraghi, invece, nuotano placidi, come se nessuno potesse mai scalfire quel loro lento dondolio, al ritmo della corrente.
Poi, quasi all’improvviso, un taglio netto con l’isolotto che decide di sprofondare. Forma delle pareti scoscese, ripide, alte più di 20 metri. Poi, l’isolotto svanisce, repentino, sulla sabbia, bianchissima, finissima. Qualche scoglio poggia, qua e là, sul fondale e dona un aspetto armonico al paesaggio.
Le gorgonie, enormi ventagli rossi e giallastri, escono prepotenti dalle ripide pareti. Si ergono verso il mare aperto, allungando le loro braccia possenti verso le correnti e verso il loro nutrimento. Sfrecciano alcuni dentici, rompendo l’incantesimo di nuvole di castagnole che donavano ulteriori macchie di colore all’ambiente. Ci vorrà del tempo prima che ricompongano il loro disegno che presto sarà nuovamente distrutto dal passaggio dei predatori. Perché qui, il Mediterraneo è ancora selvaggio.
Tra le rocce erte, che precipitano vorticosamente verso il basso, si aprono anfratti, spesso incrostati dalle spugne sfavillanti. Sono dimore perfette per le aragoste, una per ogni anfratto, come fossero affacciate alle finestre di un enorme condominio di periferia di una grande città. Sono aragoste che vivono in piccoli monolocali con vista sugli abissi, con le gorgonie al posto dei platani nel viale.
E, infine, quegli scogli sulla sabbia, a profondità consentite solo ai subacquei esperti. Ricoperti dalle gorgonie maestose e colonizzati dagli anthias e da qualche grossa e minacciosa murena.
“It’s my life
and it’s now or never
I ain’t gona live forever
I just want to live while I’m alive
it’s my life”
Diving center Saracen
Per immergervi qui chiamate loro. Una famiglia, una tribù al servizio del subacqueo. Vi sentirete presto a casa vostra, vi sentirete rapiti da questo luogo, da questo mare e da queste fantastiche persone. Quasi sicuramente vi verrà voglia di far loro una dedica prima di partire e, a qualcuno di voi, scenderà anche la classica lacrimuccia.
Noi ci vediamo presto ragazzi.
Voi li trovate qui: