Il cavalluccio marino della Testa del Leone mi obbliga a riscrivere un capitolo del mio libro “Venti sfumature di blu”. Questa fantastica immersione si arricchisce di un racconto che impreziosisce ancor di più uno dei siti subacquei del Promontorio di Portofino.
La testa del leone
A Portofino questa immersione la chiamano tutti così. Perché sulla costa, più o meno ad una decina di metri sopra la superficie del mare, una sporgenza rocciosa ricorda la criniera di un leone. Il re della foresta è appoggiato sulla falesia, quasi sulla punta, rivolto a levante. Guarda il mare ed i subacquei che sul gommone lo stanno cercando. Ci vuole un attimo per metterlo a fuoco, qualcuno, come me, ci ha messo una vita.
La prima grossa cernia del promontorio
I subacquei che hanno iniziato a frequentare questo posto molto tempo prima dell’istituzione dell’Area Marina Protetta ricordano molto bene quanto penuria di pesce ci fosse da queste parti. Sul logbook delle mie prime immersioni nel freddo e nel nulla ho ritrovato una semplice ma significativo appunto: “visto una cernia!!!”
Quando ho ripreso in mano il mio libretto delle immersioni, mi sono immerso nei miei vecchi ricordi e mi sono reso conto di quanto sia cambiata la popolazione dei pesci. Quello era un altro mare, incredibilmente più povero e vuoto rispetto a quello all’acquario che abbiamo la fortuna di conoscere oggi.
La prima grande cernia che decise di dimorare permanentemente nel promontorio, nella nuova era del parco marino, era qui, alla Testa del leone. Era una cernia molto grande con una deformazione sulla fronte e per questo motivo facilmente riconoscibile.
La voce si sparse in fretta e tutti i subacquei volevano venire qui, un po’ come si fa in uno zoo, per vedere la prima cernia del promontorio di Portofino. In pochissimo tempo la Testa del leone divenne il sito più gettonato.
Non so se quell’appunto nel mio logbook si riferisse davvero a lei, perché non scrissi altro. Però mi piace pensare che la prima cernia che vidi nella mia vita fosse proprio questa, che per moltissimi anni abitò da queste parti.
Le gorgonie rosse
Da queste parti, la falesia che si inabissa sott’acqua forma due pareti parallele inframezzate da un pianoro di posidonia con alcuni massi.
La parete più profonda, dove le radici della falesia affondano sulla sabbia, è sicuramente la parte più scenografica dell’immersione. La roccia crea un sacco di anfratti dove gironzolano, curiose le castagnole e dove cresce in abbondanza il corallo rosso. Qui, ce n’è davvero molto e spesso, da queste parti, coabita con i polipetti gialli della Leptosammia pruvoti, uno splendida madrepora gialla che vive solitaria.
Il reef è tappezzato da grandi ventagli di gorgonie rosse. Loro c’erano già anche quando i pesci erano rarissime apparizioni. Anzi, vent’anni fa erano decisamente più belle di oggi, molto più ampie. Ricordo delle indimenticabili cavalcate tra queste grandi ramificazioni che illuminavamo con le torce rudimentali di un tempo.
Poi, qui, queste gorgonie hanno iniziato a soffrire dell’innalzamento delle temperature. E alla Testa del leone, non so perché, hanno sofferto molto di più che altrove. Capitò verso la fine degli anni ‘90 e non a causa della mucillagine ma per una sorta di “niño” mediterraneo che non so per quale strano motivo ha colpito maggiormente le gorgonie della Testa del leone.
Questo è l’inizio del capitolo del mio libro “Venti sfumature di blu” dedicato alla Testa del leone. Ma è ora di scrivere una nuova pagina per raccontare questa immersione.
Una domenica sera di una sera d’estate di fine ottobre
Lo vengo a sapere da un vostro post su Facebook. Mi rivolgo a voi due, Alice e Federico. Arrivate da Schio, venite qui per un weekend lungo di immersioni e non mi dite nulla? Ma soprattutto scegliete Massub Diving Portofino che è a due passi da casa mia ed è il mio diving preferito? Non si fa così ragazzi…
E allora decido io… domani mattina vado al diving e mi immergo con voi. E tu Fede, non mi dire che non lo avresti sperato. Visto che hai portato con te la copia del mio libro nella speranza di una mia dedica…
Lunedì 31 ottobre 2022
È la tipica mattinata di sole caldo, quasi estivo, di questo anomalo, ma meraviglioso, autunno. Si esce ancora in maglietta, il mare è una tavola blu cobalto che riflette la luce dei raggi solari che ancora ne riscaldano l’acqua.
La barca del diving center corre veloce verso l’Area Marina Protetta di Portofino. Alice e Fede hanno già chiuso le cerniere delle loro mute stagne. Fede sta armeggiando con la sua fotocamera, Alice mi sta raccontando le loro immersioni dei giorni scorsi.
Nel frattempo, il gruppo dei subacquei sceglie il primo sito, la Torretta. Che si presenta nel suo massimo splendore. Il regno del rosso, dove la gorgonia è regina incontrastata. Ma oggi i barracuda irrompono sulla scena, prepotenti, sorvolando vorticosamente i ventagli spalancati verso la luce.
Posso ritenermi ampiamente soddisfatto. Il Parco di Portofino ha indossato l’abito della festa per presentarsi ai miei amici.
La seconda immersione, alla Testa del leone, per me è davvero un di più. Scendo in acqua per monitorare lo stato di salute delle gorgonie. Come vi ho già detto il caldo non fa bene e la temperatura dell’acqua è tutt’ora molto sopra la media stagionale.
Il cavalluccio marino della Testa del leone
Ed eccoci di nuovo sotto il pelo dell’acqua, con le solite sensazioni, il solito benessere. Anche stavolta siamo riusciti a saltare per primi, anche stavolta riusciremo a goderci l’ambiente subacqueo senza quell’inevitabile sospensione alzata dalle pinne di chi ci ha preceduto.
Durante il tragitto che ci conduce dalla catena della boa alla prima parte di gorgonie e corallo si intravedono due piccoli panettoni poggiati sulla sabbia. Sono colonizzati dalle gorgonie e da nuvolette di simpatiche castagnole. Sono profondi circa 35 metri.
Sebbene sia la nostra seconda immersione della giornata e sebbene l’intervallo di superficie non sia stato lunghissimo decido di andare a farci un giretto. In realtà volevo rimanere sopra la batimetria dei trenta metri ma la curiosità mi ha fatto infrangere presto il mio proposito. D’altronde Epicuro, molti secoli fa, diceva esattamente così: “Il divieto non significa necessariamente astensione, ma la pratica sotto forma di trasgressione.”
Il giro intorno a questi piccoli massi è decisamente breve. Il mio computer, settato su parametri molto conservativi, mi segna appena qualche minuto di decompressione. Ma i due ragazzi rimangono la sotto. Mi giro e vedo i flash che scattano, velocemente. Era già successo durante la prima immersione. Avevano trovato soggetti interessanti ed avevano scattato come non ci fosse un domani.
Mi raggiungono quando sono sulla parete, a quote più umane. La mia concentrazione rimane su gorgonie e sul corallo. Se è vero che le prime hanno sofferto molto (e probabilmente continua a soffrire) il secondo sta crescendo a vista d’occhio e ormai colonizza ogni piccolo anfratto delle rocce della Testa del leone.
Quando è il momento di risalire, sono felice. I miei amici hanno visto questo meraviglioso mare. Ma il bello deve ancora arrivare. E arriva sulla scaletta della barca, mentre io sono ancora in acqua e mi sto togliendo le pinne. Fede ha già passato fotocamera e pinne al barcaiolo. Ed è lì che scopro che ha visto e fotografato un cavalluccio marino.
In un attimo il drappello di subacquei si riunisce intorno a lui e alla sua macchina fotografica. Eccolo lì, leggermente coricato e aggrappato sul ramo della gorgonia. In realtà l’ha scovato Alice che spesso fa la modella per le foto di Fede ma che ha l’occhio di lince. Quell’occhio allenato di chi si immerge per scoprire. Lei ne fa anche un video.
Ma dov’era il cavalluccio marino della Testa del leone? Forse in quel punto dove i ragazzi si sono attardati con i loro fari e i loro flash? Io lo so. E ho promesso ai ragazzi del diving center Massub di andare a stanarlo. Di perlustrare ogni centimetro quadrato di quella zona e sperare che il cavalluccio marino della Testa del leone si sia trovato così bene, aggrappato a quella gorgonia, da rimanere lì a sopportare le mareggiate di questi giorni.
Che pare siano decretando la fine di questa lunga estate.
I due protagonisti
Lui si chiama Federico Scarmoncin, lei Alice Morini. Lui fotografa, lei, pazientemente, fa la modella cerca i soggetti e fa anche dei video con la sua GoPro e con la sua custodia Easydive.
La subacquea è la loro grande passione, una passione comune, di coppia. Forse quella che ogni subacqueo sogna ma che è difficile da trovare.
Loro, che l’hanno trovata, bagnano l’attrezzatura ogni settimana. Nei laghi e nei mari. Arrivano da Schio, una provincia ricca di una regione ricca. Ricca perché la gente lavora volentieri in un posto dove il lavoro c’è ed è alla portata di tutti.
E Alice e Fede, quel loro piccolo benessere se lo godono con bombole sulle spalle. Anche un po’ girando il mondo.