Il giglio di mare non è un giglio e nemmeno una pianta. È un crinoide, simile alle stelle marine, rarissimo e vecchio di 490 milioni di anni. Con una particolarità: il giglio di mare del Mediterraneo ha contribuito a costruire le Dolomiti.
Il giglio di mare in realtà non è un giglio e nemmeno una pianta. È un animale marino, noto come crinoide ed ha un gambo che è radicato sul fondale.
Questo gambo è ancorato al fondo dell’oceano per la maggior parte del tempo da un piede ed ha la caratteristica di una vera e propria radice. Che consente al giglio di mare di aggrapparsi al fondale ancora meglio.
In cima a questo gambo c’è un centro circolare, noto come calice dal quale si dipartono diverse braccia ramificate e piumate che galleggiano nell’acqua che circonda il giglio di mare.
Una storia nata 490 milioni di anni fa
Milioni di anni fa il giglio di mare era molto abbondante. Oggi questo animale si trova, in genere, in acque molto profonde. Affisso ai piani dell’Oceano Atlantico o del Mar dei Caraibi, ad una profondità di circa 200 metri o più.
Si nutre di plancton che viene intrappolato nelle braccia galleggianti delle piume del giglio. Questa sostanza organica viene trasferita nella bocca, situata nella parte superiore del calice. I gigli di mare non hanno un vero stomaco. Quindi il cibo passa attraverso il loro esofago direttamente nell’intestino e di lì viaggia nel retto e infine nell’ano. Che si trova sulla stessa superficie della bocca.
Sebbene siano apposti sul fondo dell’oceano per la maggior parte della loro vita, i gigli di mare sono in grado di muoversi quando necessario. Si spostano di solito quando devono scappare da un predatore e quando hanno bisogno di muoversi. Il giglio di mare romperà una piccola porzione del fondo del suo gambo liberandosi dal fondale dell’oceano per strisciare lontano dal pericolo.
Cinque piccole curiosità
Non sono delle stelle di mare: sono imparentati sia con le stelle marine che con gli echinodermi e, come le stelle marine, i crinoidi di solito hanno cinque braccia asimmetriche e radiate.
Non sono delle piante: nonostante la loro somiglianza ai fiori non sono piante. Sono animali che si caratterizzano per la loro superficie spinosa e ispida.
Sono rari: è più semplice che tu possa trovare un fossile piuttosto che un crinoide vivo. Un tempo erano tanti e di tante varietà.
Sono vecchi, veramente tanto vecchi. Sono comparsi nel periodo Ordoviciano, 490 milioni di anni fa. Ma i paleontologi comunque pensano che potrebbero essere persino ancora più vecchi.
Oggi conosciamo circa 700 specie viventi di crinoidi. Generalmente si trovano in due forme, quelli che hanno uno stelo e quelli che hanno perso lo stelo. Quelli che hanno uno stelo somigliano davvero ad un fiore. Coloro che sono senza il gambo nuotano e fluttuano liberamente nel mare e si trovano a profondità più accessibili.
Il giglio di mare mediterraneo
L’Antedon mediterranea è privo di peduncolo e si ancora, temporaneamente, al substrato per mezzo di numerosi cirri mobili a forma di artiglio, articolati direttamente alla base del calice. Da esso si dipartono una decina di braccia dall’aspetto piumoso che formano una corona di 20/25 cm di diametro.
La sua colorazione varia dal bianco al rosso, dal giallo all’arancio. Trascorre la maggior parte del tempo ancorato al substrato ma se disturbato è in grado di sganciarsi e di spostarsi.
Sono organismi lucifughi e pertanto si incontrano nelle zone ombreggiate e durante la notte. Sono dei filtratori passivi.
Il costruttore delle Dolomiti
Anche il giglio di mare del Mediterraneo è un’animale preistorico. Scheletri fossili di gigli di mare hanno formato una roccia dolomitica, nota come Encrinite di Fanes, accumulandosi nel mare tropicale del Giurassico, circa 175 milioni di anni fa. A quel tempo le Dolomiti dovevano somigliare alle attuali Bahamas. L’Encrininte di Fanes si formò quando questi crinoidi vivevano in un mare di qualche decina di metri di profondità.
Chissà se questi tre gigli di mare, ognuno di un colore diverso, che ho incontrato aggrappati ad una gorgonia gialla ad una quindicina di metri di profondità un giorno contribuiranno a formare la nuova falesia del Promontorio di Portofino?