O’Dive, un sistema innovativo che permette di personalizzare le proprie immersioni. Un sensore di microbolle vascolari che determina un indice di qualità della nostra immersione. Uno strumento che consente ai subacquei, immersione dopo immersione, di migliorare la conoscenza di se stessi per anticipare meglio le reazioni del nostro corpo.
Quando si parla di decompressione bisognerebbe partire dall’assunto che non siamo tutti uguali.
Con la proliferazione di nuovi computer subacquei ed il prevalere dell’algoritmo Bühlmann ZH-L16C con gradient factors, si è di fatto stabilito uno standard tra i vari modelli decompressivi. Se implementati correttamente, i computer prodotti dalle diverse case, come ad esempio il Genius della Mares, lo Shearwater, l’OSTC o il Garmin, forniranno gli stessi risultati. Il nostro tempo massimo di permanenza ad una determinata profondità varierà sensibilmente a seconda delle impostazioni che abbiamo scelto. Ma sarà comunque comune tra i vari computer settati allo stesso modo.
L’importanza dei gradient factors
Gli incidenti causati dalla Malattia da Decompressione spesso si verificano nonostante il subacqueo abbia rispettato fedelmente i tempi di sosta stabiliti dall’algoritmo del proprio computer. Proprio per questo motivo vengono definiti “immeritati”.
Questi incidenti potrebbero essere facilmente spiegati dalla considerazione che, per quanto uno standard possa essere accettato, anche il Bühlmann ZH-L16C è solamente un’approssimazione matematica degli eventi fisici e fisiologici del corpo umano durante un’immersione.
E non è possibile ricondurre l’intera umanità ad un singolo set di istruzioni per un computer subacqueo. Ed è per questo che i gradient factors si sono rivelati così utili. Perché permettono la customizzazione individuale del modello matematico.
Ma come si arriva a definire i gradient factors appropriati per la propria fisiologia?
Questo è il problema che si è posto Azoth Systems, una società di ingegneria e servizi, specializzata nella sicurezza dell’esposizione iperbarica. È composta da 7 ingegneri, scienziati e ricercatori dei settori della subacquea professionale e militare, dell’industria spaziale e della medicina iperbarica.
E per affrontarlo ha prodotto O’Dive, il primo sensore connesso per immersioni personalizzate, che accoppia l’analisi della decompressione statistica, che si basa su una legge del rischio supportata da un vasto database (quella derivante dai software dei computer subacquei), con il rilevamento di bolle ad ultrasuoni Doppler. Con l’obiettivo di migliorare la sicurezza del subacqueo, aiutandolo ad adattare la decompressione abbassando progressivamente i rischi di fronte alla formazione di bolle. O’Dive permette al subacqueo di misurare la qualità della sua decompressione sulla base di un’analisi del proprio profilo di immersione unito ai risultati delle misurazioni delle bolle post immersione evidenziate dal monitoraggio Doppler succlavia dello strumento stesso. L’approccio è complementare a quello proposto dal software del computer subacqueo o dalle tabelle decompressive.
Come sono entrato in contatto con il mondo O’Dive
Devo dire grazie a YouTube, che mi ha suggerito un video che “avrebbe potuto interessarmi”. Devo anche ringraziare la mia felina curiosità, perché ho deciso di guardarlo. Così mi sono imbattuto in questa storia curiosa e allo stesso tempo potenzialmente foriera di novità importanti per il panorama subacqueo mondiale.
Così, grazie al contributo ed alla immediata disponibilità di Didier Draguiev, sales & marketing director di Azoth Systems, sono entrato nel mondo di O’Dive. Ed ho scoperto che la sua tecnologia è il risultato di decenni di studi e di ricerche ed è costituito da un sensore automatizzato ad ultrasuoni, facile da utilizzare. È in grado di leggere la presenza di bolle di azoto posizionandolo sotto la clavicola sinistra e successivamente su quella destra. In questa zona il segnale è decisamente più pulito rispetto al sensore precordiale.
La collaborazione tra DAN Europe e Azoth Systems
Cristian Pellegrini, head of marketing and communications di DAN Europe, mi ha raccontato che la partnership con O’Dive è nata più di un anno fa, poco prima che il lockdown causato dal COVID ci costringesse ad una forzata reclusione.
“La fondazione medico scientifica della DAN investe una parte importante dei suoi proventi nella ricerca e O’Dive si è rivelato un ottimo strumento per la rilevazione delle bolle. Utile per condurre nuovi studi scientifici atti a ridurre la formazione delle suddette bolle nei profili decompressivi.”
Per Axel Barbaud, il fondatore di Azoth Systems: “La missione di Azoth Systems è di migliorare la sicurezza dei subacquei. L’idea di una partnership con DAN è stata quindi naturale”.
O’Dive, che concentra 12 anni di lavoro di ricerca di Azoth Systems, compresa l’analisi di decine di migliaia di immersioni, sta già aiutando a ottimizzare la sicurezza di più di 1700 subacquei in tutto il mondo. O’Dive rappresenta anche un cambio di paradigma che permette di decuplicare i progressi della ricerca, offrendo la possibilità di implementare i progressi in aggiornamenti regolari del software a beneficio della sicurezza dei subacquei.
Gli sforzi di DAN Europe hanno una propria metodologia di analisi delle immersioni che presuppone la conoscenza del mondo subacqueo. DAN Europe, che è un pioniere nella raccolta di dati sul campo e ha una vasta conoscenza della raccolta di dati scientifici e storicamente riconosciuti sul campo, ha un grande potenziale per aprire e accelerare questo nuovo cambiamento di conoscenza. L’integrazione tra le due realtà e il loro enorme database può davvero creare una nuova vita per la ricerca e per la nostra sicurezza.
Perché la rilevazione sotto la clavicola?
L’analisi Doppler precordiale richiede un addestramento per chi la conduce, in modo da riuscire a registrare un segnale di buona qualità. Il Doppler è un segnale sonoro che subisce delle forti interferenze causate dai rumori cardiaci. La rilevazione succlavia, cioè sotto la clavicola, proposta dal sistema O’Dive, si può definire una tecnologia avanzata per la facilità con cui si riesce a trovare il punto di riferimento corretto. Ci fornisce un valore molto utile. Attraverso la sua ricerca, Azoth Systems ha anche dimostrato che le bolle rilevate a livello della succlavia erano meglio correlate al rischio di DCI rispetto a quelle rilevate a livello precordiale.
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Massimo Pieri, supervisore dell’area di ricerca europea e coordinatore della raccolta dati presso Dan Europe, spiega.
“Le bolle sono definite come un indice di stress decompressivo. Possiamo dire che una procedura che non genera bolle può essere considerata come una procedura di buona qualità, almeno molto meglio di una procedura che genera molte bolle. Di conseguenza l’obiettivo comune per tutti i subacquei è quello di fare immersioni con profili a basso rischio, con poche o zero bolle. Due competenze diverse hanno fatto insieme un passo in avanti per dare ai subacquei dei ritorni rapidi. Lavoriamo con loro per unificare gli sforzi per creare un dispositivo semplice e intuitivo in grado di fornire ai subacquei dei punti in comune, con un enorme sforzo per dare risultati concreti“.
“Le sinergie sono il futuro“, conclude Max. “Fare tutto da soli è impossibile. Bisogna completarsi a vicenda combinando gli sforzi economici e tecnologici. Per aiutare i subacquei ad andare sott’acqua con più divertimento e più sicurezza”.
Come funziona O’Dive?
La custodia impermeabile contiene il sensore O’Dive con un caricatore wireless ed il gel per ultrasuoni. Scaricando l’app O’Dive sul proprio smartphone è possibile creare un account personale.
Il primo passo del processo è quello di eseguire due letture Doppler dopo l’immersione. Ognuna di esse deve essere eseguita all’altezza delle vene succlavie, prima a sinistra e poi a destra. Le misurazioni durano 20 secondi. Per le immersioni con elio e rebreather, si consiglia di effettuare la prima misurazione immediatamente dopo l’immersione, o comunque il prima possibile diciamo entro la mezz’ora e la seconda sessanta minuti dopo la prima rilevazione. Per le immersioni in aria o in nitrox, le letture devono essere misurate 30 minuti dopo la risalita e successivamente dopo un’altra mezz’ora. L’obiettivo è quello di catturare i livelli di VGE post immersione al loro apice.
L’app O’Dive
Il sensore, che si accoppia con l’app tramite WiFi, ha la forma di un disco da hockey con una scanalatura progettata per adattarsi perfettamente alla clavicola. Il display grafico consente di capire se il posizionamento del sensore è corretto. Una volta confermato il segnale l’app indirizza il subacqueo ad inspirare ed espirare per 20 secondi mentre il sensore esegue la registrazione. A misurazione completata, indirizza a ripetere l’operazione sul lato destro.
Una notifica ricorda anche quando è il momento di eseguire la seconda misurazione.
Effettuate le due letture, si sincronizzano i dati che vengono caricati insieme al profilo dell’immersione importato dal computer subacqueo. Attualmente l’app comunica con Shearwater, Suunto e Mares Genius. In alternativa si può immettere manualmente profondità massima, durata dell’immersione e gas utilizzati. In questo caso però si perde la valutazione legata all’interpretazione del profilo.
Comunicazione tra App e O’Dive
“Avviene tramite bluetooth” mi spiega Sergio Angelini, direttore ricerca e sviluppo di Mares. “La comunicazione è specifica per il computer subacqueo ed è frutto della collaborazione tra Azoth Systems e l’azienda produttrice. Oltre al profilo, l’app legge anche le impostazioni che il subacqueo ha settato per l’immersione. In particolare, i gas utilizzati ed i gradient factors impostati”
In pochissimo tempo i server di Azoth eseguono un’analisi dei dati dell’immersione e calcolano un indice di qualità della decompressione, formato da un componente legato al profilo stesso ed uno legato alla qualità di bolle misurate.
Un simulatore personalizzato consente al subacqueo di comprendere come migliorare i suoi parametri di sicurezza, adattandone le future immersioni e le conseguenti decompressioni.
Come migliorare la propria decompressione?
Il simulatore personalizzato consente di valutare come cambia il risultato al variare dei gradient factors. Con un processo empirico che richiede qualche immersione, possiamo trovare la combinazione dei gradient factors più adatti a noi e al nostro tipo di immersioni.
Perché, come mi ricorda Sergio Angelini, “l’algoritmo Bühlmann ZH-L16C è un modello “lineare” mentre la risposta del corpo umano all’esposizione iperbarica non è lineare, soprattutto quando si è ampiamente fuori curva. I gradient factors permettono di compensare questa manchevolezza ma rimane la questione della determinazione dei gradient factors adatti per la propria fisiologia.”
“O’Dive misura la presenza di bolle. La loro presenza di per sé non è un segnale preciso e inequivocabile di malattia da decompressione. Qualche bolla è inevitabile e ci sono individui che ne producono di più rispetto ad altri. E soprattutto ci sono persone che le tollerano meglio di altri. Ma senza dubbio meno bolle ci sono e meglio è. Per cui se, tramite O’Dive, scopriamo che il nostro sangue è popolato da molte bolle dopo una immersione, è opportuno considerarne la diminuzione tramite la riduzione dei gradient factors o la scelta di gas con meno componente inerte. Quando arriviamo al punto di avere poche, o addirittura zero bolle, possiamo ritenerci soddisfatti dalla configurazione raggiunta, per quel tipo di immersione.”
Questi risultati saranno leggermente diversi di giorno in giorno. Non siamo macchine ma complessi circuiti fisiologici che cambiano a seconda di fattori come la qualità del sonno, l’idratazione, lo stress e tanto altro.
O’Dive non è la soluzione totale, ma lo strumento più utile per scoprire cosa succede nel nostro corpo. E lo strumento migliore per proteggerci.
Il parere di un utilizzatore
Mario Marconi è uno dei più famosi speleosub d’Europa. Ha condotto perlustrazioni, scoprendo nuove vie, nelle più importanti grotte in Italia ed in Francia. Insieme a Jerome Meyne porta l’esplorazione della grotta di Source du Saint Sauveur a -174 metri, in doppio CCR ed in completa autonomia. L’immersione dura 9 ore e 23 minuti. Insieme ad altri due esploratori si immerge sul relitto “Milano” nel Lago Maggiore raggiungendo i -241 metri. Ad oggi è l’immersione umana più profonda su un relitto.
Mario non crede nelle scienze esatte e nelle standardizzazioni.
“Con la collaborazione di un amico medico e, nel contempo subacqueo tecnico, notai che i miei profili decompressivi erano molto distanti dalle teorie scientifiche. Ma nonostante i miei profili aggressivi non ero del tutto certo di non sviluppare delle bolle. Avevo preso in considerazione anche l’opportunità che fossi asintomatico.”
“Qualche tempo fa sono venuto a conoscenza che Xavier Meniscus, uno dei più grandi speleosub al mondo, utilizzava O’Dive. Scrissi immediatamente a lui chiedendogli se avesse ottenuto buoni feedback. Dopodichè mi misi in contatto con Azoth System ed in breve ho svolto tutta la formazione necessaria per diventare utilizzatore ed istruttore.”
“Dopo la prima immersione rimasi sconfortato dall’esito tremendo. Ottenni un punteggio disastroso, anche se in realtà mi sentissi benissimo. Da allora ho iniziato a modificare un parametro alla volta, arrivando ad ottenere un buon profilo.”
“Immergendomi spesso con un profilo stabile, tra i 90 ed i 100 metri di profondità al lago, posso cambiare i parametri uno alla volta. in tal modo ho personalizzato la mia decompressione con un buon database personale.”
“È davvero uno strumento che da un riscontro reale ed immediato a qualsiasi subacqueo. È semplice ed intuitivo.”
Conclusioni
Non esiste un setting unico per un computer subacqueo come non esiste un guru in grado di spiegarci quale sia la decompressione migliore per noi.
La tecnologia e la ricerca ci possono aiutare ma noi dobbiamo fare la nostra parte, cercando di comprendere e di ragionare sempre di più con la nostra testa.Perché l’obiettivo di tutti resta quello di rendere i subacquei autosufficienti sulle scelte di impostazione dei propri computer subacquei. Per formulare dei profili decompressivi sulla base delle condizioni ambientali, fisiche ed umane.
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