Tempo di lettura stimato: 4 minuti
È iniziata la settimana dell’EUDI Show, la più grande fiera della subacquea in Italia, e tutti gli operatori, partecipanti e non, stanno attendendo questo evento per valutare l’impatto che avrà sul proprio business.
Prima dell’EUDI c’è stato il BOOT, ad oggi il più grande evento fieristico a livello continentale, la fiera di Madrid Azul e prima ancora il Salon de la Plongè. Poi ci sarà la fiera di Birmingham ed infine il grande evento del DEMA a Las Vegas.
Ci sono opportunità di tutti i tipi, per tutti i gusti e per tutte le tasche.
Chi partecipa ad una fiera come espositore (aziende produttrici di materiale subacqueo, agenzie didattiche, agenzie di viaggi, diving center, scuole subacquee ecc) dovrà fare molta attenzione a scegliere quella giusta, a preparare una adeguata campagna di comunicazione, a definire il proprio target specifico e posizionarsi adeguatamente.
Le fiere nascono probabilmente nel Medioevo e si svolgevano all’interno di feste locali durante le quali i re, i principi o signori locali concedevano l’esenzione da dazi e gabelle rendendo così molto più convenienti i prezzi di vendita delle merci. Questo privilegio attirava l’afflusso di compratori da tutte le zone limitrofe, attratti dalla possibilità di risparmiare.
In chiave moderna la fiera ha mantenuto una forte valenza commerciale e relazionale anche se con logiche completamente diverse. Sono diventate eventi dedicati a singoli settori merceologici o a singoli interessi culturali e sono state localizzate in apposite aree che hanno assunto il nome si strutture fieristiche.
Per più di sessant’anni le fiere erano il luogo più importante dove far avvenire i maggiori scambi di informazioni e rapporti commerciali. Oggi però i consumatori comprano e vendono in maniere del tutto diversa rispetto al passato. Le informazioni sono totalmente accessibili attraverso la rete. Statistiche redatte dalle maggiori società che studiano le tendenze all’acquisto ci consentono di stimare che oggi, quasi nel 70% dei casi, la decisione di acquistare un prodotto viene presa ancor prima di entrare in contatto con chi il prodotto lo vende.
Era il novembre del 1992 quando, per la prima volta nella storia, Assosub presentava a Verona l’EUDI Show, il salone della subacquea. Il successo di quella edizione spinse a proseguire, nel medesimo luogo, e arrivò a far triplicare gli spazi espositivi. Dal 1996, e per sei anni consecutivi, la fiera si spostò nel grande spazio espositivo di Bologna. In quegli anni l’evento raggiunse i livelli più insperati arrivando a coprire addirittura 9000 mq, con la partecipazione di tutte le maggiori aziende del settore.
Negli anni successivi la sede fu trasferita dapprima alla Fiera del Mare di Genova e successivamente a Roma dove arrivò il miglior dato relativo alle presenze: un numero di visitatori superiore a 100.000.
L’EUDI era un vero e proprio evento, un collettore di persone appassionate di questo settore, una grande occasione di promozione e di raccolta di contatti.
Negli anni successivi ritorna a Bologna per poi trasferirsi nella prestigiosa sede di Rho Fiere per poi tornare nuovamente a Bologna.
Oggi l’EUDI copre solamente un piccolo padiglione, quasi tutte le aziende produttrici hanno rinunciato a parteciparvi, gli espositori sono meno di 250 e le presenze si sono ridotte di due terzi rispetto ai massimi.
La fiera non è più un grande momento di diffusione di informazioni e di novità e la maggior parte degli stand ormai fa quasi esclusivamente comunicazione di immagine. I clienti conoscono i prodotti prima della fiera e partecipano quasi solo esclusivamente per incontrarsi, parlare, scambiare idee e al massimo raccogliere qualche informazione per organizzare la vacanza del club.
Questi stravolgimenti legati alle abitudini del consumatore sono però sufficienti a giustificare una così drastica riduzione del bacino di utenza e conseguentemente del numero degli espositori, in particolar modo dei grossi player del settore?
La grande contrazione economica degli ultimi anni ha inciso parecchio sulla riduzione di alcuni consumi da parte degli italiani. L’industria subacquea ne ha fortemente subito le conseguenze. Le aziende produttrici denunciano, ormai da alcuni anni, che in Italia è in atto un forte trend in discesa della vendite. I diving center nostrani lamentano forti contrazioni e molte scuole hanno drasticamente ridotto il numero di certificazioni emesse. Stessa sorte sembra capitare ai punti vendita nelle grandi città.
A tal scopo basti pensare a come si sia terribilmente ridotto il numero di centri che operano nei dintorni della mecca dell’industria del turismo subacqueo, l’Area Marina Protetta di Portofino.
I numeri che arrivano da alcuni mercati geografici in via di sviluppo, ma abbastanza vicini a noi, sono viceversa molto più confortanti. La globalizzazione dei mercati sta spingendo le grandi case produttrici ad investire fortemente su queste aree e la stessa globalizzazione, e forse anche la localizzazione baricentrica, sta permettendo al BOOT di assurgere al ruolo di vero dominatore nel settore fieristico della subacquea.
Ecco quindi che la scelta di partecipare all’EUDI e successivamente la definizione di una corretta strategia da attuare diventano dei nodi focali.
La fiera della subacquea italiana è in gran parte di tipo B2C, ovvero business to consumer.
Se un’azienda che produce attrezzatura subacquea vuole proporre la gamma nuova di erogatori, piuttosto che di GAV o muta stagna probabilmente può fare a meno di investire del denaro per partecipare alla fiera. Ci sono canali molto più efficaci per comunicarne il lancio e ce ne sono altri molto più controllati per gestire il flusso di informazioni e la promozione.
Se questa azienda vuole però comunicare la creazione di una nuova linea o addirittura di un nuovo prodotto che non ha mai commercializzato allora la partecipazione all’EUDI può avere senso.
Se un’azienda produce invece un bene fortemente tecnologizzato probabilmente il modo migliore per farlo conoscere rimane ancora quello di esporlo e di farlo toccare con mano.
Lo stesso discorso vale per le agenzie didattiche. Se lo scopo è semplicemente quello di aumentare la propria quota di mercato allora esistono altri modi, decisamente più efficaci rispetto alla presenza in fiera con uno stand. Se lo scopo è quello di catturare quote di mercato dopo una attenta attività di sviluppo e promozione precedentemente svolta allora la partecipazione può avere un significato. Se lo scopo è raccogliere a sè i migliori centri affiliati ed offrire loro l’opportunità di avere una vetrina particolare la scelta diventa veramente azzeccata.
In ogni caso, una volta deciso di investire una cospicua somma del bilancio destinata ai costi, è fondamentale definire il target al quale ci si vuole rivolgere, la strategia e l’attività di comunicazione.
Sono tutte funzioni che devono essere svolte a monte.
È il momento in cui un’azienda espositrice deve domandarsi perché ha deciso di partecipare, a chi si vuole rivolgere, quali persone vuole intercettare in fiera e come farle venire all’interno del proprio stand.
Perché ciò avvenga è fondamentale avere ben in mente qual’ è la propria idea differenziante ed il proprio specifico posizionamento.
Dopo questo importantissimo lavoro strategico si potranno fare le scelte tattiche su come allestire lo stand, sul personale che presenzierà, sulla scelta del materiale promozionale, dei gadget e delle eventuali iniziative, come ad esempio i convegni.
Solo un’attenta pianificazione ed una corretta definizione del proprio modello di business permetterà ad un espositore di uscire vincente da una fiera come l’EUDI che sta purtroppo rispecchiando fedelmente un settore merceologico in forte crisi di risultati e purtroppo di idee.
Buon EUDI a tutti
👌